8 aprile 2019 |
L'ordinanza della Consulta sull'aiuto al suicidio: quali scenari futuri?
Il contributo è destinato alla pubblicazione nel volume collettaneo Il caso Cappato: riflessioni a margine dell’ordinanza della Corte costituzionale n. 207 del 2018, a cura di Francesco Saverio Marini e Cristiano Cupelli, ESI, Napoli 2019. Si ringraziano i curatori e l’editore per l’autorizzazione ad anticiparne la pubblicazione in questa Rivista.
Trattandosi di lavoro già accettato per la pubblicazione in altra sede, non è stato sottoposto alla consueta procedura di peer review.
Abstract. L’Autore compie una disamina dell’ordinanza n. 207/2018 della Corte costituzionale in tema di aiuto al suicidio, soffermandosi sia sul contenuto che sulla forma, nonché sui possibili scenari futuri, là dove il legislatore dovesse rimanere inerte oppure intervenire con una nuova legge. In termini più ampi, anche questa pronuncia, al pari della sentenza n. 222/2018, si colloca all’interno di una complessiva rivisitazione del ruolo della Corte nei suoi rapporti con il legislatore, rivisitazione orientata a implementare i margini di intervento della Corte per attuare sempre di più la Costituzione, ma diretta anche ad incrementare la sua discrezionalità.
SOMMARIO: 1. L’ordinanza n. 207 del 2018: una pronuncia storica nel contenuto e nella forma. – 2. Il contenuto dell’ordinanza. Il diritto alla vita come bene giuridico tutelato dalla fattispecie di istigazione o aiuto al suicidio. – 2.1. Dalla tutela assoluta alla tutela (non relativa, ma) “relazionale” della vita. – 2.2. Il sindacato di ragionevolezza: analogie e differenze tra interruzione di cure e aiuto al suicidio. Le analogie. – 2.2.1. Le differenze. – 3. La forma dell’ordinanza. Le ragioni del mancato accoglimento. – 3.1. Le ragioni del rinvio. – 4. I possibili scenari futuri: la Corte davanti all’inerzia del legislatore o a una nuova legge. – 4.1. Forse più opportuna una sentenza interpretativa costituzionalmente orientata. – 5. Considerazioni conclusive: la Corte costituzionale al bivio tra giudice delle leggi o “terza camera”.