4 aprile 2019
Giudizio abbreviato: approvata la legge che esclude l’accesso al rito per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo
D.d.l. n. AS 925, approvato definitivamente dal Senato il 2 aprile 2019
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Il 2 aprile scorso il Senato della Repubblica ha approvato il disegno di legge n. 925, già in precedenza approvato dalla Camera dei deputati, recante “Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell’ergastolo”.
Sull’onda emotiva di applicazioni più o meno recenti della normativa vigente, condizionate più dalle imperfezioni della disciplina che dalla radicale impossibilità di irrogare pene severe nonostante l’accesso al rito, il Legislatore ha voluto attuare una riforma che sarà gravida di conseguenze sulla gestione degli uffici giudiziari, sulla ragionevole durata dei processi, sulle stesse dinamiche di collaborazione processuale.
Torneremo comunque con riflessioni più analitiche sulla novella.
Basti dire, per ora, che il nuovo comma 1-bis dell’art. 438 c.p.p. esclude appunto il rito abbreviato per “i delitti puniti con la pena dell’ergastolo”. Nondimeno, la possibilità di reiterare una richiesta di accesso, evidentemente in base a mutamenti della contestazione, è accordata all’imputato fino a che non siano formulate per la prima volta, nell’udienza preliminare, le conclusioni a norma degli artt. 421 e 422 (nuovo testo del comma 6 dell’art. 438). Di più, il legislatore ha finalmente previsto una norma di diritto positivo circa il sindacato della dichiarazione di inammissibilità operata dal giudice, inserendo nell’art. 438 c.p.p. anche un comma 6-ter: il giudice dibattimentale, all’esito del processo, potrà diminuire la pena (ovviamente quella temporanea) di un terzo se valuterà che per il fatto accertato sarebbe stato ammissibile l’accesso al rito.
È possibile, ancora, che il giudice dell’udienza preliminare riqualifichi il fatto con il provvedimento conclusivo dell’udienza medesima, configurando un delitto punibile solo con pena temporanea. A questo punto, il nuovo comma 2-bis dell’art. 429 c.p.p. prescrive che il decreto di rinvio a giudizio contenga anche l’avviso per l’imputato della possibilità di chiedere, entro quindici giorni, la definizione del giudizio con il rito abbreviato. L’ultimo periodo della norma stabilisce per questa ipotesi l’applicazione dell’art. 458 c.p.p., cioè della procedura prevista per la richiesta di rito abbreviato conseguente alla notifica del decreto di giudizio immediato, a significare che la domanda innestata sul decreto di rinvio a giudizio dovrebbe essere valutata dallo stesso giudice per le indagini preliminari, impersonato com’è ovvio da persona diversa da quella che abbia deliberato il decreto ex art. 429 c.p.p.
Nel verso in certo senso opposto – quello cioè della modifica della imputazione in guisa che, per la sopravvenuta applicabilità della pena perpetua, divenga inammissibile il rito speciale – il nuovo comma 1-bis dell’art. 441-bis prevede la retrocessione del rito medesimo nell’ambito della udienza preliminare.
Resta da dire, infine, che il mutamento del regime processuale è stato riservato ai fatti commessi dopo l’entrata in vigore della novella, ad evitare problemi di retroattività in peius per una disciplina che, da sempre, vede una commistione tra riflessi di diritto sostanziale e regole del diritto processuale (art. 5 del ddl).
(G.L.)